26 Convinzioni sulla comunicazione persuasiva

Comunicazione persuasiva

Come ci facciamo guidare (o ingannare) dalle nostre convinzioni

di Anna Fata

La mente per ragionare si avvale di una serie di scorciatoie chiamate in gergo “euristiche”. Esse ci facilitano il pensiero, fanno sì che essa agisca più velocemente, che con meno sforzo giunga alle sue conclusioni, che si formi un punto di vista, che trovi una soluzione, che passi all’azione.

Solitamente queste modalità nella vita quotidiana ci aiutano a ottimizzare tempo, energia, attenzione, sforzo. Se ogni volta che ragioniamo, che dobbiamo decidere, prendere posizione, agire dovessimo partire dalle fondamenta non ce la caveremmo più. Con delle scorciatoie ci semplifichiamo la vita, diventiamo più efficaci ed efficienti.

Talvolta, però, questo eccesso di semplificazione e di velocità comporta delle conseguenze negative. Veniamo tratti in inganno da meccanismi che albergano proprio in noi stessi e che ci fanno percepire e ci portano ad attribuire peso e importanza a degli aspetti in modo eccessivo o totalitario e magari a ne trascuriamo altri di vitale importanza.

In pratica, ci inganniamo con le nostre stesse mani e permettiamo a chi ci sta intorno, che magari conosce meglio di noi il funzionamento mentale e vi fa appositamente leva, di portarci a sua volta in una direzione che non è quella che fa esattamente al caso nostro.

La comunicazione persuasiva

La comunicazione persuasiva per definizione induce le persone a formare una determinata opinione su qualcosa e ad agire di conseguenza. Mira a ottenere consenso, seguito, approvazione, adesione e in ultima analisi azione.

In sé e per sé non è né bene, né male. Certamente c’è una questione profondamente etica in ogni forma di comunicazione. Quello su cui si vuole porre l’accento qui, però, è l’obiettivo della comunicazione persuasiva, come viene raggiunto, per quale finalità, e, nel caso, per chi ne è il destinatario per difendersene, se ne necessario, o aderire con cognizione di causa, mentre per chi se ne avvale, per utilizzarlo consapevolmente e al meglio.

La comunicazione persuasiva può essere veicolata attraverso diversi canali, stampa, audio, video, Web, Social, può essere nella modalità uno a uno, uno a molti, molti a molti. Anche il copywriting può essere utilizzato per tale finalità.

Avvalersi degli strumenti persuasivi per un ottimo copywriting può essere la scelta vincente per raggiungere i propri obiettivi di posizionamento e di vendita. A seguire alcuni suggerimenti.

26 Convinzioni sulla comunicazione persuasiva

 1. La semplicità

La semplicità nella comunicazione crea l’illusione mentale che possa andare di pari passo con la verità. Ciò che è eccessivamente complicato, oscuro, poco comprensibile genera sospetto, perché si teme sempre che ci sia qualcosa di losco sotto e come tale non degno di fiducia. Questa convinzione genera diffidenza, allerta, soggezione, sospetto e resistenza alla adesione.

2. La ripetizione

Ripetere un messaggio serve. Non si ripete un messaggio mai abbastanza. Ripetere genera abitudine, familiarità, consuetudine e, per estensione, fiducia. Nella mente con la ripetizione si creano nuovi circuiti neurali che favoriscono in seguito il riconoscimento, la rievocazione, la memoria. Questi meccanismi rendono più agevole e veloce la ricezione del messaggio, la sua codifica, l’accettazione e l’adesione ad esso.

3. Il colore

Viviamo in un mondo a colori e anche la comunicazione non può se non risentirne. Avvalersi dei giusti colori può rendere più persuasiva la comunicazione. In modo particolare blu chiaro, giallo e verde sono tra i colori che maggiormente possono risultare più efficaci in tal senso.

4. Il qui e ora

Per lo più tendiamo a decidere e agire sulla base del qui e ora. In genere vogliamo qualcosa subito. Non è un caso il grande successo delle spedizioni in giornata. Siamo disposti a non fruire di uno sconto pur di avere qualcosa immediatamente che non uno o più giorni dopo. Per ottenere più adesione ad una offerta, quindi, occorre fare leva su questa immediatezza, senza rimandare al domani in cui è possibile che subentri la dimenticanza, la presenza di altre urgenze o desideri.

5. Il grassetto

Di pari passo con la semplicità, la ripetizione, il colore, anche l’uso del grassetto sembra che possa aumentare la credibilità e quindi il potere persuasivo di un messaggio. Sul piano cognitivo, ancora più se a video, ciò che appare in grassetto risulta più facile da individuare, leggere, comprendere e come tale viene percepito come più degno di fiducia e adesione.

6. Le rime

La nostra mente ama l’armonia, la bellezza, l’ordine, la coerenza. Di fronte all’opposto si sente a disagio e avverte la necessità di riparare alle incoerenze che incontra, modificando se stessa, oppure la realtà. Quando un contenuto si avvale di rime, aforismi, metafore, fa leva del senso estetico che tanto è gradito alla mente e la asseconda nella sua ricerca di elementi da condividere e sulla base dei quali agire.

7. Il tempo

Anche se spesso ci comportiamo come se disponessimo di un tempo pressoché infinito, in realtà una parte di noi teme fortemente di non avere tutto il tempo che vorrebbe o di cui avrebbe bisogno. Le offerte limitate nel tempo fanno appello ad una serie di motivazioni consce e inconsce che attengono al tempo, alla scarsità, alla sopravvivenza, al timore di perdere delle ottime occasioni, di restare esclusi, di non poter godere di una appartenenza. Pertanto, viene attribuito maggiore valore e appetibilità a ciò che è scarso, per quantità o limiti di tempo o accessibilità.

8. L’effetto esca

L’effetto esca si basa sul fatto che quando effettuiamo una valutazione, una scelta ci basiamo su altri punti di riferimento, che possono essere ad esempio altre opzioni presenti in una offerta. In genere non abbiamo delle preferenze assolute, ma per lo più relative, circostanziate. Dovremmo tenere presente di tale meccanismo mentale nel nostro copywriting e nelle offerte che possiamo creare. In genere tre alternative possono essere la soluzione migliore che non crea sovraccarico mentale nel processo decisionale, ma che al tempo stesso offre sufficiente sensazione di libertà di scelta.

9. La brevità

I messaggi e le parole brevi in molti casi sembrano più persuasive rispetto a quelle lunghe. Questo pare si possa ricondurre a sua volta alla semplicità e con essa alla comprensibilità e alla credibilità. E’ tendenza sempre più diffusa leggere poco, il minimo indispensabile, per una lunga serie di fattori, sia personali, sia circostanziali. Tempo, energia, risorse, attenzione, eccesso di stimolazioni, interesse, bisogno, desiderio sono alcuni dei fattori che maggiormente possono influire sulle nostre scelte di lettura o meno. Andare incontro al lettore con messaggi brevi e parole altrettanto corte sembra che possa essere un valido espediente per essere più persuasivi.

10. Le intenzioni

Anche se tendenzialmente siamo per lo più focalizzati nel qui e ora, talvolta siamo anche capaci di proiettarci nel futuro e prendere decisioni e intraprendere azioni in funzione di esso. Si stima che si possa influenzare il comportamento fino a 6 mesi futuri facendo leva sulle intenzioni. Stimolare la riflessione sul futuro con apposite domande può essere una strategia ottimale per indurre a prendere delle decisioni e agire in prospettiva.

11. La regola del picco-fine

La regola del picco-fine, di Daniel Kahneman, si fonda sul fatto che quando valutiamo una esperienza non ci basiamo sul suo complesso, ma su come ci sentiamo nel suo momento più intenso e in quello finale. Anche la durata stessa dell’esperienza non sembra influenzarne più di tanto la percezione. E’ importante, pertanto, che in buon copywriting si inseriscano alcune stimolazioni altamente positive, memorabili, e concludere in modo particolare in tale modo.

12. Il conformismo

La maggior parte di noi vuole sentirsi unico, irripetibile, ma al tempo stesso avverte la necessità di appartenere, di sentirsi membro di una comunità, di una nicchia, di una élite e per questo si confronta e spesso si conforma agli altri. Inserire nel proprio copywriting casi studio, testimonianze, pareri, opinioni di persone simili a quelle del target in modo che si possano riconoscere e identificare può elevare il carattere persuasivo.

13. Il di più

Anche se attualmente sembra che vada molto di moda l’assunto che “meno è meglio”, esiste una distorsione cognitiva legata alla informazione in base alla quale quando essa è maggiormente disponibile siamo più disposti a credervi rispetto a quando ce n’è di meno, anche se il contenuto di per sé può essere irrilevante.

Scrivere dei testi di lunghezza adeguata, quindi, può essere una ottima strategia sia ai fini della Seo, nel caso si scriva per il Web, sia per la credibilità. La scelta della maggiore o minore lunghezza del testo va sempre contestualizzata al fine di trovare la soluzione più opportuna.

14. L’effetto pratfall

L’effetto pratfall (letteralmente effetto caduta rovinosa, scivolone, errore), definito da Elliot Aronson, è un fenomeno psicologico in base al quale la fascinazione che qualcuno esercita su di noi aumenta quando commette un errore, in base alla abilità individuale percepita di agire correttamente in un contesto. In pratica: se un individuo viene considerato altamente competente e capace, se commette un errore viene sentito come più gradevole, apprezzabile, rispetto a chi fa altrettanto, ma già in partenza non viene valutato come eccellente.

Le persone che ammiriamo e stimiamo molto, tramite il confronto sociale, rappresentano una icona da emulare, ma al tempo stesso possono rappresentare una minaccia per la nostra autostima, soprattutto per gli uomini. Quando questi individui ammirati commettono degli errori abbiamo l’occasione di sentirli più umani e raggiungibili, di identificarci meglio con loro, di empatizzare, di sviluppare l’ironia.

Nel marketing e nel copywriting questo effetto si può sfruttare descrivendo non solo le potenzialità, i vantaggi, le virtù di un prodotto o servizio, ma anche eventuali sue imperfezioni e limiti. Inoltre, dosare una adeguata quota di ironia può rendere più umano e influente un personaggio o un brand.

15. Il senso di appartenenza

Anche se la maggior parte di noi ama sentirsi liberi e percepire il rispetto dei propri spazi e tempi, coesiste con questa istanza anche il desiderio di appartenenza, di comunità, di inclusione. Amiamo ciò che ci è simile, con cui possiamo rispecchiarci, identificarci, trarre ispirazione.

Influencer, testimonial, celebrità fanno in genere leva sulla creazione di un gruppo, di una nicchia più o meno estesa ed elitaria a cui appartenere in virtù di ideali, valori, pensieri, emozioni, azioni condivise, ivi comprese le scelte di acquisto.

Il senso di appartenenza è una delle necessità a cui maggiormente si fa appello nella comunicazione persuasiva: ciò che si sceglie, si acquista, di cui si parla non è in realtà un prodotto o un servizio, ma un vero e proprio stile di vita, una appartenenza, un modo di esistere, di presentarsi, di pensare, di agire.

16. Il potere delle singole storie

Anche se il contesto socioambientale può avere un enorme impatto su di noi, il nostro modo di pensare, sentire, scegliere, comportarci, vivere, in realtà nel concreto noi ci rapportiamo continuamente con le singole persone.

Per tale motivo possono riscuotere un grande ascendente su di noi le storie personali. Esse rappresentano uno spaccato di vita in cui ci si può identificare, trarre ispirazione, empatizzare, emulare. Un conto sono i valori, le ideologie, le convinzioni, un altro la vita concreta. E’ proprio in quest’ultima che si gioca la partita ultima della nostra vita e che ci troviamo ad affrontare tutti noi giorno dopo giorno. Da qui il grande potere delle storie, che ci aiuta a sentirci meno soli e offrirci una ideale guida di fronte al nuovo che incontriamo ogni momento.

Inserire storie, se non vere, almeno verosimili, nella nostra comunicazione può aiutare a rendere più umano, credibile, degno di fiducia il nostro messaggio, il brand, il servizio o prodotto di cui stiamo raffigurando le gesta.

17. L’euristica della disponibilità

L’euristica della disponibilità è una scorciatoia mentale che si basa su esempi immediati che giungono alla mente quando si valuta un argomento, un concetto, un metodo o una decisione specifica. Essa parte dal presupposto che se qualcosa può essere facilmente richiamato alla mente deve essere importante, o quantomeno maggiormente delle alternative che possono sorgere in modo secondario.

Questo porta a attribuire maggiore peso nelle valutazioni ad argomentazioni e informazioni più recenti. In pratica: più è facile ricordare qualcosa, più questo viene percepito come più rilevante, ancora più se quello che deve essere esaminato è complesso.

Questa distorsione cognitiva si ricollega in parte anche al potere della ripetizione di una informazione che semplicemente in virtù di essa viene considerata maggiormente affidabile e credibile, e in parte all’effetto della posizione seriale, secondo la quale si ricorda meglio ciò che si colloca all’inizio ed alla fine di una lista o paragrafo.

Ripetere più volte un concetto, collocarlo in posizione strategica ad inizio e soprattutto alla fine di un messaggio, offrire occasioni per avere costantemente alla portata l’informazione necessaria, stimolare con appropriate domande nozioni a favore delle testi proposte nel copy, avvalersi di immagini suggestive come completamento ulteriore a fissaggio mentale del messaggio, appello alla concretezza possono essere delle strategie utili per applicare concretamente l’euristica della disponibilità e rendere in tal modo più persuasivo il proprio copywriting.

18. L’effetto Von Restorff

L’effetto Von Restorff, dal nome del suo scopritore, anche detto “effetto di isolamento”, comporta che all’interno di un insieme omogeneo di elementi quello che maggiormente differisce tende ad essere ricordato con più facilità. Pare che tale effetto sia dovuto non tanto alla diversa attenzione che connota ciò che è diverso, ma ai meccanismi con cui viene memorizzato.

Più uno stimolo differisce dagli altri, quindi, più è probabile che venga ricordato.

Nel marketing, nella pubblicità, nel copywriting ciò che emerge, per colore, forma, formattazione non solo attira immediatamente l’attenzione, ma stimola la codifica e il successivo ricordo pertanto ci si può avvalere di tali espedienti per imprimere nella memoria ciò che si vuole rendere più memorabile.

19. L’effetto della posizione seriale

La posizione in cui si colloca un elemento all’interno di un contenuto ha il suo peso. In modo particolare gli effetti cosiddetti “primacy” e “recency” indicano che la collocazione all’inizio e alla fine di nozioni rilevanti facilita il loro essere oggetto di attenzione, codifica, ricordo.

Più è lungo l’elenco, l’articolo, la lista, però, meno bene vengono ricordati gli elementi iniziali, più vengono ricordati meglio quelli finali, perché sono quelli che più di recente sono stati oggetto di codifica. In ogni caso, la parte centrale del contenuto resta sempre quella più trascurata dalla mente e dal suo ricordo. Se, però, ci si distrae o si viene distratti mentre avviene la codifica, anche il ricordo degli ultimi elementi tende un po’ a peggiorare.

Porre in tale posizione gli elementi di maggiore interesse e che si desidera sedimentare maggiormente nella memoria può essere un altro utile stratagemma per un copywriting persuasivo. Se, però, ci si distrae mentre avviene la codifica, anche il ricordo degli ultimi elementi tende un po’ a peggiorare.

20. L’avversione alla perdita

In genere il timore di perdere qualcosa che già possediamo è superiore rispetto a non ottenere ex novo il medesimo bene. Proprio per questo sembra che le penalità, le sanzioni, le punizioni, gli ammonimenti siano più efficaci rispetto ai premi, alle gratificazioni, ai riconoscimenti.

Lo stesso pare che valga per il guadagno: ad esempio, se si rischia di perdere 100 euro, oppure di guadagnarli, evitare di perderli suscita maggiore soddisfazione rispetto ad averli guadagnati ex novo. Oppure,  sembra che sia più facile rinunciare a un possibile sconto invece che accettare un aumento di prezzo, anche se la differenza tra il prezzo iniziale e quello finale è la stessa

Questo spiega perché, a parità di condizioni, siamo più motivati a evitare le perdite, che non a ottenere dei guadagni. Pare che questi meccanismi siano da imputare in parte al nostro spirito di sopravvivenza.

Imperniare la comunicazione sui modi per evitare o contenere le perdite al posto di ottenere dei guadagni si può rivelare più efficace ai fini persuasivi. Non solo può apparire più credibile, realistico, ma va anche maggiormente incontro alle convinzioni per lo più inconsce e ataviche che risiedono nella maggior parte di noi.

21. La fallacia dei costi irrecuperabili

La fallacia dei costi irrecuperabili (o sommersi, o sunk cost, o fallacia del Concorde, in onore a tale progetto rivelatosi poi fallimentare, nonostante gli ingenti investimenti che ha assorbito) è quella distorsione mentale che ci induce a insistere in imprese fallimentari solo perché ormai vi abbiamo investito molto e ritirarsi comporterebbe ratificare delle dolorosissime perdite.

A tale convinzione si approda centrando gran parte della propria esistenza sulle abitudini, che generano da un lato dei comodi automatismi, che ci consentono di risparmiare tempo, attenzione, energia, ma dall’altro producono degli schemi di pensiero, emozione e comportamento che possono essere anche assai resistenti al cambiamento, specie laddove sarebbe opportuno perché comportano degli effetti disfunzionali.

Quanto più si persiste in un compito, una impresa, un obiettivo, quanto più vi si investe tempo, attenzione, energia, denaro, aspettative, tanto più questo effetto si accentua e diventa difficile rinunciarvi.

In generale i costi irrecuperabili sono quei costi in cui si è già incorso e che non possono essere recuperati in alcuna maniera significativa. Essi si contrappongono a quelli costi variabili che dipendono dal successivo seguito delle azioni e sono influenzati, dunque, dalle decisioni che vengono prese.

Diverse sono le ragioni che inducono a persistere nelle imprese, nonostante si stiano rivelando fallimentari o in perdita. Una di questa sembra essere la “dissonanza cognitiva”, che è quella sensazione di disagio mentale che sorge di fronte a contraddizioni, incoerenze, che si può ridurre modificando il proprio modo di pensare, le proprie azioni, oppure l’ambiente. In base ad essa si sarebbe disposti a compiere di tutto pur di non riconoscere di avere commesso un errore e sprecato risorse.

Un altro meccanismo che può insorgere è la avversione alla perdita: per non gettare via quanto già investito nell’avanzamento del progetto ci si illude di poterlo recuperare investendoci ulteriormente, anche se chiaramente tutti gli indizi fanno propendere per il suo fallimento.

Ad essi si aggiungono la paura di fallire, il timore del giudizio, proprio e altrui, l’ansia, le aspettative future irrealistiche, le manie di grandezza, i sintomi depressivi, la rabbia, la frustrazione, e, in generale, l’irrazionalità.

In una comunicazione persuasiva la fallacia dei costi irrecuperabili può rappresentare un fattore di aggancio e mantenimento del contatto, nonché di adesione alle proprie offerte in diversi modi. Ad esempio offrendo qualcosa di gratuito come aggancio per stabilire un rapporto e un senso di restituzione, oltre che un inizio di un percorso; una raccolta a punti con alcuni punti già in omaggio per avviare il percorso; un seminario gratuito per anticipare la vendita di un corso più lungo e strutturato; la lettura di un capitolo di un libro, che poi preluda ai successivi.

22. La distorsione della giustificazione

In base alla distorsione della giustificazione ogni convinzione dovrebbe essere giustificata. Questo può accadere in diversi modi: in base a credenze, fonti esterne accreditate, evidenza, intuito, intuizione, conoscenza interna, punti di vista, esperienza, tradizione, abitudine.

Avvalersi di espressioni quali “perché, dal momento che, poiché, come si evince”, ad esempio, possono essere molto utili anche nel caso in cui si dovesse sottolineare l’ovvio. Il solo fatto di metterlo in evidenza, infatti, fa acquisire autorevolezza, fondamento, sostanzialità alle argomentazioni che in tal modo possono diventare più convincenti e con un maggiore potere di passaggio all’atto.

23. Favoritismo nel gruppo

Il favoritismo nel gruppo, detto anche pregiudizio o preferenza nel gruppo, è un modo di pensare e agire che porta a preferire, valutare più positivamente e allocare maggiori risorse a chi appartiene al gruppo a discapito di chi ne è fuori.

In parte si ipotizza che questo sia dovuto alla fisiologica competizione che si verifica tra i gruppi di fronte alle risorse scarse, in parte ad una valutazione più positiva dell’identità del gruppo di appartenenza, che va di pari passo con la propria personale, a sfavore di chi non vi appartiene e si configura come diverso o semplicemente estraneo.

L’appartenenza al gruppo, quindi, in questa seconda interpretazione si presenta come una possibilità di accrescere la propria autostima che per estensione si riflette anche al gruppo di cui si fa parte.

Sul fronte neurobiologico, inoltre, l’approfondimento e il consolidamento delle relazioni, l’armonia e il buon funzionamento delle stesse, il superamento di eventuali conflitti di interessi, competizioni, va di pari passo con l’aumento dell’ormone ossitocina che è tipico dei rapporti affidabili, di lunga durata.

Con il rafforzamento del gruppo, della sua struttura e identità, si aderisce, si condividono, si praticano principi, valori, convinzioni, che si riflettono sui vari fronti, cognitivo, emotivo, comportamentale.

Quando ci si rivolge ad una nicchia la comunicazione per essere veramente persuasiva dovrebbe fare leva sullo spirito di identificazione, di appartenenza, sulle convinzioni, le norme, i valori, le pratiche, le tradizioni, le consuetudini condivise. In pratica chi comunica dovrebbe fare sentire di essere a sua volta parte del gruppo, pena l’esclusione della sua persona e del messaggio di cui è portatore. Un ottimo esempio di marketing comunitario, ad esempio, può essere quello di Apple.

24. L’uso dell’ancoraggio

La nostra vita, le nostre decisioni, i nostri comportamenti non avvengono mai nel vuoto totale, ma sempre in un contesto e come tale in riferimento a qualcosa d’altro, interno o esterno a noi.

Sul fronte psicologico noi tendiamo a costruirci una realtà interiore in base alla quale effettuiamo la valutazione di tutto quello che ci accade, che viviamo, che compiamo. Non sempre né necessariamente tali basi valutative sono pienamente giustificate né razionali, ma talvolta rappresentano delle vere e proprie distorsioni. Altre volte, invece, possono essere utili per semplificarci la vita.

Esperienze personali, pregiudizi propri o altri, consigli, giudizi, tradizioni, contesto, tempistica, convinzioni, schemi mentali, paure possono influenzare anche pesantemente la nostra inclinazione all’ancoraggio.

Questo è particolarmente evidente nel caso del prezzo di un prodotto o servizio. Quando si valuta un prezzo esso tende ad essere ancorato, cioè valutato, soppesato, confrontato con altri prodotti o servizi simili.

Poiché non sempre né necessariamente i propri criteri di valutazione coincidono con quelli altrui, in un buon messaggio dovrebbero essere forniti anche dei criteri chiari ed espliciti per ancorare quanto si vuole trasmettere in modo da giustificarne la presunta ragionevolezza e la sua scelta come migliore in quel frangente.

Concretamente, ad esempio, con proporre servizi o prodotti di diverse fasce di prezzo può essere opportuno fare precedere le opzioni più costose per poi degradare a quelle più economiche, che in quanto tali possono a maggiore ragione apparire come le più vantaggiose e appetibili.

25. La convinzione della conferma

La distorsione della conferma è una convinzione distorta che ci porta a ricercare tutte le informazioni, le nozioni, i punti di vista a favore di ciò che noi pensiamo sia corretto. Tutto quello che, invece, lo contraddice non viene considerato, sminuito, ignorato, o messo analiticamente in dubbio.

Laddove vi è un grande coinvolgimento emotivo, oppure dove le tradizioni, le abitudini, i valori, le opinioni sono molto consolidate questo fenomeno può assumere connotati estremi.

In una comunicazione persuasiva, pertanto, quando si è consolidata la fiducia, la convinzione, occorre sempre continuare ad apportare nozioni, informazioni, punti di vista, esperienze a supporto di quanto trasmesso.

26. Il rimorso post acquisto

Il rimorso successivo ad un acquisto può verificarsi in modo più frequente di quanto si potrebbe immaginare. Le motivazioni possono essere le più svariate: l’acquisto non è all’altezza delle aspettative, il prezzo ha un impatto sul proprio portafoglio più poderoso rispetto a quanto si era inizialmente valutato, non vi è una reale necessità, urgenza o utilità in quanto acquistato, emozioni negative quali la rinuncia e il rimpianto di non avere effettuato scelte alternative, conoscenza di altre opportunità solo a posteriori, servizio di assistenza non all’altezza dei costi, senso di costrizione esterna all’acquisto, altre motivazioni psicologiche di disagio che l’acquisto sembrava poter compensare (es. ansia, depressione, tristezza, vuoto, solitudine),

In genere tale rimorso è più frequente nel caso di acquisti costosi o impegnativi.

Conoscere e cercare di prevenire il rimorso post acquisto è fondamentale per un buon comunicatore. Lasciare una sensazione positiva nel breve, medio, lungo termine aumenta la soddisfazione, la fidelizzazione di un acquirente, il suo ritorno il suo passaparola.

Garanzie quali “soddisfatto o rimborsato”, omaggi di campioni, buoni spesa, assistenza capillare post vendita gratuita, ad esempio sono delle opzioni molto utili per prevenire questo disagio cognitivo ed emotivo e lasciare un buon ricordo complessivo della esperienza.

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