Intervista a Simona Riccio sul consumo consapevole
di Anna Fata
Oggi vi è sempre più attenzione verso l’ampia sfera del consumo, nella sua ampia esperienza di informazione, conoscenza, educazione, consapevolezza, scelta, acquisto, consumo, smaltimento ed effetti ad ampio spettro sulla salute fisica e psichica individuale, oltre che sulle ripercussioni sociali, ambientali, economiche, politiche, geografiche, ambientali, etiche.
In questo processo di informazione giocano un ruolo centrale gli esperti della comunicazione, che fanno da tramite tra i tecnici, gli scienziati, gli addetti ai lavori, che spesso si esprimono con tecnicismi e linguaggi poco accessibili a chi non è del settore, e il grande pubblico, che con tono divulgativo e comprensibile possono favorire la comprensione di concetti anche molto complessi e articolati.
Una maggiore diffusione della cultura del consumo consapevole pone sempre più persone nelle condizioni non solo di godere di maggiori libertà, ma anche di assumersi le proprie responsabilità ed effettuare delle scelte di acquisto e fruizione dei prodotti e servizi che siano etiche, rispettose di sé stessi, gli altri, l’ambiente in cui si vive e si opera.
Cosa si intende con l’espressione “consumo consapevole”? Se e come si può coltivare? Come la comunicazione può operare al fine di stimolarlo nelle persone? Nel settore della alimentazione, in particolare, come si può declinare tutto questo?
Ne abbiamo parlato con Simona Riccio, LinkedIn Top Voice 2020, Agrifood & Organic Specialist, Digital Strategist Consultant in Agrifood, Social Media Marketing Manager, Ambassador at Centro Agroalimentare Torino S.C.P.A, PA Social, Fondatrice Associazione Nazionale Le Donne dell’Ortofrutta, Conduttrice del programma #ParlaConMe.
Intervista a Simona Riccio: La comunicazione nell’agroalimentare
D: Oggi si parla sempre più di frequente di “consumo consapevole”: che definizione si sente di offrire a questa espressione?
R: I “nuovi consumatori” sono persone decisamente attente a quello che acquistano per nutrirsi in maniera sempre più sana sia per sé stessi che per i propri familiari. Tant’è che è aumentata anche l’attenzione all’acquisto del cibo per i nostri amici a quattro zampe.
Il voler mangiare buono, sano e garantito, per i consumatori, include tutta la famiglia e quando decidono di acquistare un prodotto si informano tanto da diventare consapevoli di quello che decidono di acquistare.
Mi preme ribadire che la decisione di acquistare un determinato prodotto avviene prima della fase di shopping time e le informazioni le cercano nella maggior parte dei casi on-line, nel luogo dove le persone si scambiano opinioni ed esperienze.
D: Gli attuali mezzi di informazione, divulgazione, comunicazione tendono a interfacciarsi, intersecarsi, in parte anche sovrapporsi. A fronte delle grandi opportunità che offrono, implicano però anche un sovraccarico cognitivo ed emotivo non sempre facile da gestire per gli utenti finali. Spesso è difficile discernere tra notizie false, distorte, fonti poco o affatto affidabili. Il settore agroalimentare non fa eccezione. Al fine di crearsi una propria consapevolezza alimentare, se e come è possibile orientarsi tra l’ampio ventaglio di notizie, fonti, informazioni che ci vengono offerte?
R: Sul web siamo sempre più invasi di informazioni, via email riceviamo sempre più inviti ad acquistare un prodotto, durante la fase pandemica molte aziende si sono riversate sulle vendite online cercando anche di vendere attraverso un canale immediato come whatsapp e questo fa sì che la certezza che quello che stiamo acquistando è veramente quello che ci stanno comunicando, se non si ha una conoscenza approfondita del brand, non possiamo averla.
Quello che consiglio sempre ai consumatori è di andare a verificare se l’azienda dalla quale stiamo acquistando ha un sito internet curato e con delle recensioni, se ha dei canali social curati dove le persone hanno interagito da tempo e cosa dicono le persone di quel brand/prodotto. Se l’azienda non ha un sito, non ha canali social o ha canali social dove ci sono pochi post e combinazione creati da poco tempo, consiglio di stare attenti e di verificare meglio.
A fronte di questo scenario c’è un lato molto positivo per le aziende “sane”: essendo i consumatori sempre molto attenti, è più facile che la loro esperienza sul web termini prima di iniziare in quanto il web è molto veloce e le informazioni, belle o brutte che siano, arrivano a chi ha il compito di tutelare il prodotto e l’azienda stessa.
D: Un ruolo delicato e particolare possono rivestire in questo senso i divulgatori, che una volta erano solo i giornalisti, oggi oltre ad essi si affiancano blogger, influencer, anchorman e altre figure professionali che rendono comprensibili i messaggi che spesso tecnici e scienziati trasmettono con gerghi più tecnici, complessi e non del tutto comprensibili. Se e come fare per capire se fidarsi della correttezza di queste informazioni mediate da queste figure più o meno professionali?
R: Sarò ripetitiva, ma personalmente la prima cosa che faccio proprio per capire se la persona che sta comunicando è una persona affidabile, la cerco su Linkedin che credo sia l’unico social professionale che mi possa dare una maggiore affidabilità della persona. Con questo non voglio dire che se il comunicatore non è su questa piattaforma non è meritevole di fiducia, ma è un social che, in base a quello che posta, in base a ciò che dice, in base alle interazioni avute, mi trasferisce, o meno, fiducia.
Laddove non è su Linkedin può essere anche su altri canali ed allora cerco e leggo cosa dice, ma soprattutto cosa dicono gli altri di questa persona. E’ molto importante il personal branding, soprattutto in questo momento dove sul web trovi tutto. Laddove la persona non è on-line (cosa ormai sconsigliata) chiedo a colleghi professionisti, certo è che ho visto profili con migliaia di followers pubblicare informazioni non vere, quindi è necessario fare molta attenzione.
D: Un settore in costante espansione e verso il quale il pubblico sembra manifestare un crescente interesse vi è quello del biologico. Tra chi si schiera nettamente a suo favore, chi ne assume un vero e proprio stile di vita e chi, invece, resta scettico e distanziante, se e come il modo di comunicare questo ambito, la sua immagine identitaria, i suoi valori etici può influire sulla maggiore o minore accettazione, adozione ed espansione di esso?
R: Lavoro nel settore dal 1999 e credo di conoscerlo abbastanza bene soprattutto nelle sue evoluzioni di consumo. Il biologico, nel lontano 1999 era un prodotto di nicchia, per persone che non avevano nemmeno bisogno di aziende che comunicassero perché sapevano tutto ed erano informate in maniera completa, era ed è ancora il loro stile di vita.
Da che è diventato un prodotto “di massa” ed è entrato a gamba tesa nella grande distribuzione organizzata, è emersa la necessità di comunicare innanzitutto la differenza tra un prodotto biologico ed un prodotto tradizionale, al fine di fare comprendere ai consumatori il motivo della differenza di prezzo tra i due prodotti a scaffale, ma ancora adesso non vi è una efficiente comunicazione.
Nel negozio specializzato si trovano ancora le persone in grado di comunicare perfettamente il prodotto, nella grande distribuzione non vi è ancora il personale informato, quindi siamo ancora lontani dalla comunicazione corretta. Dobbiamo sicuramente impegnarci di più anche perché le persone acquistano sempre più prodotti biologici, è necessaria una giusta comunicazione.
D: La cultura del benessere, degli stili di vita sani ed equilibrati sono attualmente molto di moda. In questo senso anche l’alimentazione, e ancora più la famosa Dieta Mediterranea, rivestono un ruolo prioritario. Alla base della piramide alimentare, tra gli altri, possiamo trovare ampie quantità di frutta e verdura. Per poter sensibilizzare ad un maggiore consumo di essi, quali potrebbero essere le modalità comunicative più appropriate secondo lei, a seconda delle diverse fasce di età, dai bambini agli anziani, passando per le generazioni intermedie?
R: Soprattutto nell’anno 2020 le persone hanno scelto uno stile di vita sempre più sano, tanto che, come dicevo prima, le scelte dei prodotti sono sempre più oculati ed il consumo di frutta e verdura è fondamentale. Tra l’altro, l’Assemblea Generale dell’ONU ha dichiarato il 2021 Anno Internazionale della Frutta e della Verdura quindi è fondamentale sensibilizzarne i consumi per tutte le fasce d’età.
La comunicazione deve avvenire da parte di tutti gli attori di filiera iniziando dalle aziende produttrici attraverso i loro packaging, che ricordiamolo sono uno strumento di comunicazione importante che accompagna il prodotto dal confezionamento al consumo, attraverso i loro canali social, ma anche attraverso i mercati agro-alimentari, che possono fare da leva, attraverso i grossisti, per trasferire il materiale informativo ai distributori, quali mercati, negozi specializzati e horeca.
Di supporto alle aziende produttrici possono intervenire gli influencer o i micro influencer a condizione che ne sappiano e che siano in target, altrimenti non sono credibili. In qualità di key opinion leader di settore, mi vengono inviati dei prodotti che una volta postati sui miei canali, vado a sensibilizzare il consumo di frutta e verdura (o similare) andando a spiegare il prodotto e l’azienda che lo commercializza e si hanno ottimi risultati.
Ovviamente la comunicazione deve avvenire anche in-store dei punti vendita attraverso professionisti di settore o facendo partecipare direttamente i produttori.
D: Un grande influsso sui nostri percorsi di conoscenza, scelta, acquisto, consumo viene esercitato dai punti di vendita. Ancora oggi sono molto frequentati i grandi ipermercati, i discount, anche se stanno riprendendo piede le piccole realtà al dettaglio, specie di prossimità, con prodotti e servizi locali, esclusivi, seppure con prezzi leggermente superiori alla media del settore. Come ritiene che potrà evolvere in futuro il mercato della distribuzione e della vendita e quanto influisce in questo senso la comunicazione sulle percezioni, le decisioni, le scelte, le valutazioni del consumatore finale?
R: La grande distribuzione sta già cambiando, le grandi superfici si stanno già riducendo e sono sempre più vicini al centro città o centro paese. Soprattutto in fase pandemica i punti vendita di vicinato hanno acquistato il valore per il consumatore che, per restrizioni da DPCM, non poteva allontanarsi dalla città o dal proprio paese.
La comunicazione sarà sempre più omnichannel, da un lato avremo il digitale che stimolerà il consumatore ad andare in store dove troverà il fruttivendolo ad assisterlo di persona con tanto di un sorriso che ci auguriamo di poter sfoggiare al più presto. Certo la cortesia e la professionalità saranno centrali, più il consumatore si sentirà messo al centro del brand, dell’insegna, ma anche del singolo negoziante e più la percezione sarà migliore.
D: Un ampio, dibattuto e spesso controverso argomento riguarda i prezzi di vendita e acquisto. Il prezzo notoriamente non è solo una questione numerica, finanziaria, ma anche di percezione psicologica. In questo senso anche la comunicazione può svolgere un ruolo cruciale nella sua trasmissione e accettazione da parte del pubblico finale. Se, da un lato, il prezzo dovrebbe poter essere etico e rispettoso di tutta la filiera degli attori coinvolti, esso dovrebbe anche poter generare fiducia, accettazione, accoglienza in chi paga. Quale potrebbe essere il ruolo più efficacemente della comunicazione in tale delicato processo?
R: Certo, il prezzo giusto deve essere correttamente percepito in fase di shopping time ecco perché non sono mai d’accordo sui prezzi troppo bassi.
Il prezzo troppo basso innanzitutto non rispetta la filiera e, laddove si vende un prezzo al 0,99 centesimi, seppur si sia rispettata la filiera e si tratti quindi di una promozione straordinaria, non la trovo comunque corretta proprio per il discorso della percezione. Le persone percepiscono un prezzo basso e cioè una qualità bassa, invece bisogna, a mio avviso, dare sempre il prezzo giusto.
Per prezzo giusto intendo il corretto pagamento alla produzione ed a tutti gli attori di filiera non solo nella misura della copertura delle spese, ma anche in ottica di investimento per migliorare le produzioni. Questo è molto importante. Con questo non voglio dire che lo 0,99% non ci debba mai essere, ma laddove ci dovesse essere deve essere spiegato a caratteri cubitali il motivo, perché alcuni validi motivi ci potrebbero essere, l’importante è comunicare bene al consumatore che non è disinformato. Se si vuole essere percepiti per quello che si è, è necessario comunicare bene.
D: Se una persona volesse specializzare la sua professionalità verso la comunicazione nel settore dell’agrifood che percorsi formativi si sentirebbe di consigliare? Nello specifico, quale è stato il suo iter?
R: Bella domanda! Dopo una laurea in Comunicazione Internazionale e Pubblicitaria conseguita a Perugia, insieme ai miei 3 compagni di studio Fabio, Paola e Maria Paola, ci siamo resi conto che non avevamo più nulla da fare e che saremmo entrati in depressione.
Quindi mi sono iscritta al Master di Social Media Marketing quando ancora nessuno parlava di social media e dove ancora tutti pensavano che sul web si giocava, noi in realtà stavamo studiando per diventare dei professionisti al servizio di aziende che non credevano molto in noi. Abbiamo serie difficoltà ancora adesso.
Personalmente ho sempre cercato di portare progetti digitali ed innovativi nell’azienda dove ho lavorato per 21 anni, un’azienda pioniera del biologico, proprio perché ero certa che i miei studi potessero essere di aiuto all’azienda che amavo, ma la paura fa novanta, non mi hanno mai creduta, non mi hanno mai dato la facoltà di aiutarli, venivo spesso invitata a stare zitta e a non portare l’argomento “digital” in riunione eppure credevo di essere abbastanza in gamba.
Di fronte a tutti i miei sforzi, mi rendevo conto che non bastava quindi ho continuato a studiare, ho iniziato ad andare ai convegni di settore e come mi ha consigliato il prezioso Pierangelo Fissore, ho studiato il settore dell’agroalimentare e dell’ortofrutta in verticale.
Ricordo ancora il mio primo messaggio a Roberto Della Casa al quale chiedevo se avessi potuto avere un biglietto di ingresso ad un suo evento a prezzo ridotto, me lo ha omaggiato e da allora non l’ho mai più lasciato, gliene sono riconoscente ancora adesso. Da lì ho avuto modo di conoscere grandi nomi, i nomi dei Ceo e Ad delle grandi insegne della GDO che mi hanno preso sotto la loro ala protettiva e mi hanno insegnato tanto tutti i giorni.
La persona che più mi ha fatta crescere e con il quale ho fatto eventi che mi hanno messo alla prova è stato Giorgio Santambrogio – Amministratore Delegato del Gruppo VèGè. Ancora adesso non vado a dormire se non leggo il suo ultimo tweet. Quando arrivi a quei livelli, quando arrivi ad avere la loro fiducia, stima e disponibilità a fare delle cose concretamente con te, vuole dire che sei meritevole.
Ed allora non ho smesso di studiare, ho continuato sempre di più, per cercare di essere ancora più specializzata! Ma ancora questo non è bastato in azienda, non sono bastati i miei studi continui, non sono bastate le mie pause fatte di una barretta, non sono bastati i miei progetti, convegni, niente di niente, sono stata accompagnata alla porta dopo 21 anni e non sono andata via arrabbiata, semplicemente dispiaciuta di non essere stata in grado di poterli aiutare.
Non importa, si continua a studiare e a cercare di re-inventarsi, non facile ad un’età “avanzata”, ma ho tirato fuori la grinta che prima era stata repressa ed ho accelerato ancora. Attraverso Linkedin, ho avuto la possibilità di incontrare il Gianluca Cornelio Meglio, il Direttore Generale del Caat – Centro Agro-Alimentare di Torino – che, dopo un lungo incontro nel suo ufficio, mi ha lanciato la sfida di valorizzare il centro attraverso la comunicazione digitale.
Ho accettato la sfida poco prima della pandemia, non ci conoscevamo in nessun modo considerando che lui non è “social”, io non conoscevo il centro, ho accettato la sfida, mi sono innamorata perdutamente di questo centro ed ho iniziato a comunicarlo secondo le mie visioni ed è stato bellissimo e lo è tutt’ora in quanto adesso, a distanza di nemmeno un anno, il Caat è conosciuto in tutta Italia attraverso occhi diversi ed io ho il piacere di ricoprire il ruolo di Social Media Marketing Manager, ma soprattutto di Ambassador.
Un grande onore per me e la mia riconoscenza va a Gianluca ed al Presidente Marco Lazzarino per la fiducia concessami. Conoscere Gianluca ha fatto sì che io potessi venire a conoscenza di un anello di filiera che non conoscevo, ciò significa impegnarsi a conoscerla, e di nuovo mi sono trovata a studiare i mercati e solo qualche giorno fa ho acquistato un libro per approfondire.
Ho poi avuto la possibilità di creare un palinsesto sull’agricoltura in forma digitale presso la Fiera Nazionale del Peperone di Carmagnola ed è stato un successo tanto che mi hanno chiesto di fare una trasmissione tutta mia in web-radio e sta andando bene. Ma preparare dei palinsesti o delle trasmissioni radio con relatori di altissimo livello, non è un gioco, si studia e si prepara tutto. Sicuramente adesso sono avvantaggiata, ma l’impegno è costante se si vogliono avere ottimi risultati, tutto deve essere perfetto e lo è anche grazie ai miei preziosi collaboratori.
La cosa che mi piace fare da molti anni è utilizzare il web per comunicare tutto quello che studio per metterlo a disposizione di tutti, non temo di essere copiata, anzi, se mi copiano sono contenta, vuole dire che faccio bene. Quindi tutto quello che studio e so, lo metto a disposizione delle persone che hanno voglia di leggere e soprattutto in fase di pandemia, come sempre ammetto, non essere stati polemici, ma costruttivi e di supporto al settore, di stimolo a livelli professionali, ha fatto sì che insieme ad altri 14 professionisti, siamo stati nominati Linkedin Top Voice Italia, professionisti di settore valutati e considerati tali da Linkedin.
Devo ammettere una grande soddisfazione soprattutto perché nel nostro settore sono l’unica voce di riferimento riconosciuta dalla piattaforma in Italia. Molti mi chiedono come ho fatto. Non era un concorso, non lo sapevamo, non sapevamo nemmeno esistesse in Italia, ma la differenza l’hanno fatta i contenuti di qualità, credo.
A chi ha piacere di “prendere spunto” dalla mia professionalità, dico semplicemente che non è facile, costa fatica, tanta fatica, costanza, perseveranza, studio continuo, formazione continua, curiosità, mille e mille domande, poche ore di svago, passione, voglia di fare, di ascoltare, ma sempre il sorriso sulla bocca e divertirsi. Sì perché è vero che mi è venuta anche una borsite alla spalla destra, ma fare tutto con la passione fa la differenza, dà soddisfazione e ti rende felice.
D: Per concludere, le chiediamo tre consigli pronti all’uso, semplici ed efficaci, per comunicare al meglio al fine di contribuire a creare un consumatore attivo, responsabile, consapevole, capace di fare del bene a sé, agli altri, all’ambiente con le sue scelte.
R: La prima cosa è ascoltare ed individuare i bisogni e le esigenze dei consumatori per andarli a risolvere, la seconda è quella di essere laddove sono, quindi sui social network usando il tone of voice a loro indicato ed infine ricordarsi che la migliore strategia di comunicazione è quella umana, quella che appassiona, quella che coinvolge, quella che porta a relazionarsi per poi sicuramente portare alla conversione. Ma innanzitutto anche la comunicazione digitale deve avere un cuore pulsante.