Come il neuromarketing ci invita ad acquistare
di Anna Fata
Sarà capitato a molti di noi, almeno una volta nella vita: entriamo in un supermercato, in un ipermercato, ma anche in un discount, con l’intenzione di acquistare solo un paio di cose e ce ne usciamo poi quasi immancabilmente con la borsa piena.
Come è possibile che, nonostante le buone intenzioni, riusciamo a perdere così spesso il controllo dei nostri acquisti? Perché ci lasciamo continuamente tentare dalle offerte, promozioni, le voglie, i desideri, gli imprevisti o potenzialmente qualsiasi cosa capace di catturare le nostre attenzioni ben oltre il previsto?
Il ruolo del neuromarketing nel processo di acquisto
Il mercato oggi più che mai è affollatissimo di prodotti, brand, con continue novità, oltre a presenze storiche e consolidate. Tutto ciò che è presente ha come obiettivo ultimo l’acquisto, il consumo, la fidelizzazione da parte del cliente. In questo senso le strategie di marketing e comunicazione si innovano, si impegnano, si ingegnano in tutti i modi possibili e immaginabili per giungere allo scopo finale.
Una disciplina che sta riscuotendo grande successo in questo campo è il neuromarketing. Si tratta di una branca della neuroeconomia che fonde il marketing tradizionale, l’economia, con la neurologia, la medicina, la psicologia, le scienze comportamentali, e si prefigge di illustrare ciò che accade nel cervello delle persone in risposta ad alcuni stimoli relativi a prodotti, brand o pubblicità con l’obiettivo di determinare le strategie che spingono all’acquisto.
Tra gli altri, Martin Lindstrom, è stato tra i pionieri di questa disciplina e della sua applicazioni nei processi di acquisti, con i suoi libri “Buyology”, “Brandwashed”, “Brand Sense”.
Come il neuromarketing ci tenta all’acquisto al supermercato
Tra le tante tecniche e strategie di neuromarketing che si possono adottare per indurci all’acquisto se ne possono segnalare 10 in particolare:
1. L’incanto dei fiori
Spesso l’ingresso dei supermercati e degli ipermercati è costellato dalla presenza di scaffali ben riforniti di fiori e piante fresche, colorate e in alcuni casi anche profumate. Questo contribuisce a creare uno scenario piacevole e accogliente capace di convogliare una sensazione di naturalezza, freschezza, genuinità che contribuisce ad una gradevole esperienza di acquisto accogliente, sano e familiare.
In alternativa, altrettanto frequenti sono gli ingressi in cui troneggia un vasto assortimento di frutta e verdura ben illuminata, fresca, rifornita e rinnovata costantemente, in modo da veicolare colore, salubrità, tradizione.
2. Le confezioni rimaneggiate
Quando ci avvicendiamo tra gli scaffali contenenti frutta e verdura assai di frequente osserviamo gli addetti che si avvicendano intorno per sistemarli, rinfoltirli, rinfrescarli. Tutto questo contribuisce a creare un clima vivo, vitale, come si crede debba poter essere per le materie prime in commercio.
Le stesse confezioni con cui alcuni di questi alimenti sono protetti, carichi di colore, lucidità, trasparenza, possono supportare nel veicolare l’idea di una frechezza che dura nel tempo.
In verità, molti di questi alimenti stazionano sugli scaffali o nei banchi frigor da ore, giorni o anche settimane. Questo è particolarmente valido nel caso di contenitori molto ampi in cui sono stipate ampie quantità di merci sfuse, come può accadere per le mele, le arance, le noci o le arachidi.
3. Il potenziale del colore
Il colore attrae la nostra attenzione fin da quando siamo piccoli, anche se a volte non siamo in grado di cogliere consapevolmente le differenze. Non solo le confezioni dei prodotti sono ben studiati, progettati e calibrati tra forme, consistenze, colori, ma in molti casi anche i prodotti che consideriamo a tutti gli effetti naturali.
La genetica, infatti, anche in questo campo ha effettuato progressi ingenti. Alcuni prodotti sono stati manipolati al punto da variarne anche fortemente il colore, in quanto, a parità di gusto, la loro apparenza cromatica non era ben vista né gradita ai consumatori.
Un noto produttore di banane, ad esempio, applicando i principi del neuromarketing è stato in grado, invece, di identificare il diverso grado di maturazione di tali frutti e di prevederne il grado di vendibilità sul mercato. Ad esempio, si è visto che il Pantone Giallo Vibrante 13-0858 è meno vendibile rispetto al Pantone Ranuncolo 12-0752, più caldo, che sembra indicare maggiore maturità e freschezza del frutto.
4. Il latte nascosto
Spesso, non a caso, proprio i generi di prima necessità di base sono quelli più difficili da trovare. Latte, pane, uova, farina, zucchero sono proprio i principali alimenti che fatichiamo a trovare con più semplicità e rapidità.
Anche questo non è un caso, ma parte di una strategia ben precisa che ci vuole obbligare a compiere un ben più lungo e articolato tragitto attraverso diverse corsie e scaffali del supermercato. Con questa passeggiata forzata ci troviamo, pertanto, giocoforza, immersi in ben altri prodotti su cui possiamo anche gettare delle occhiate veloci, ma sufficienti per indurci in tentazione e spingerci ad allungare frettolose manate per arraffare quanto ci appare in offerta, desiderabile o appetibile al volo in quel momento, stimolando gli acquisti di impulso, tra i più pericolosi per il nostro portafoglio e a volte anche per la nostra linea.
5. Le date di scadenza
Ormai un numero in costante crescita di prodotti ha una data dii scadenza. Se è vero, daun lato, che questa consuetudine contribuisce a salvaguardare la la salubrità e le proprietà dei prodotti e con essi la nostra salute, è altrettanto vero che questo, a volte, sta rasentando livelli di eccessiva esasperazione.
Non più solo yogurth, latte, uova, farina, ma anche creme, dentifrici, alcolici, tutto sembra avere i giorni, le settimane o gli anni contati, contribuendo a indurci un senso di urgenza negli acquisti, negli usi e consumi, a torto o ragione. In molti casi, infatti, i consumatori non riescono a discriminare con cognizione di causa tra la scadenza tassativa, e quella preferibile, rispetto alla quale, in realtà, resta ancora un discreto margine d’uso in sicurezza e salubrità.
Basarsi sui propri sensi per valutare se un prodotto è ancora utilizzabile o meno può permettere un ottimo risparmio economico, un minore spirito consumistico, meno ansia di controllo, e, nel complesso una esperienza di acquisto più serena e piacevole, senza indurci a pericolose corse alla scadenza e a rinnovare compulsivamente i prodotti.
6. L’illusione dell’acqua pura
Noi Italiani siamo tra i maggiori acquirenti e consumatori di acqua minerale imbottigliata. Siamo convinti che sia più sana, controllata, naturale rispetto a quella del rubinetto. In verità quella che sgorga nelle nostre cucine è sottoposta a controlli ben più frequenti, rigidi, forse anche di più rispetto a quella imbottigliata e acquistata a caro prezzo.
Le bottiglie trasparenti, le etichette ammalianti, ci trasmettono l’idea di freschezza, purezza, naturalezza, salubrità, incontaminato, che ben si associano al mito dell’acqua potabile. Di rado, però, ci soffermiamo a leggere per intero la composizione dei sali minerali disciolti, se sono compatibili con le nostre condizioni di salute, ed eventuali residui tossici, pur nei limiti di legge.
Ci fidiamo delle apparenze, delle confezioni, delle comunicazioni, della fama del brand.
7. Il mito del biologico
Il mercato del biologico è in costante, netta espansione con un giro di affari in grande incremento, nonostante le grosse ristrettezze economiche di molti di noi.
Per definizione siamo ormai avvezzi al fatto che ciò che si fregia di tale etichetta ha un prezzo superiore rispetto a ciò che non la possiede. Al contrario, se qualcosa ha tale dicitura, ma un prezzo troppo basso finisce col destare sospetto e sfiducia.
In molti casi, però, alcune abbreviazioni, sinonimi o loghi affini a quelli ufficiali possono trarci in errore e credere che un alimento sia biologico, quando in realtà non lo è. Le stesse immagini del packaging, con scenari naturali, incontaminati, evocanti paesaggi e consuetudini tradizionali possono contribuire a confermare percezioni erronee.
Quando questi espedienti sono applicati invece a ciò che è realmente biologico lo rinforza ulteriormente e ci consente di attribuirgli ancora più valore e fiducia e di investirlo di grandi aspettative che, magari, di fatto poi non può soddisfare.
8. Il finto ambientalismo
Oggi l’ambientalismo per alcuni di noi è diventato una sorta di moda, di status symbol, un modo come un altro per mettersi in mostra, per fare vedere quanto siamo altruisti, all’avanguardia, buoni, generosi, lungimiranti. In breve, l’ennesimo modo per mettere a centro noi stessi, il nostro ego, farlo trionfare, celandosi dietro la buona causa della tutela dell’ambiente.
Alcuni acquisti sono effettuati proprio dietro questi ideali, quali ad esempio l’auto ibrida, il detersivo senza tensioattivi, l’abbigliamento con tessuti eco compatibili.
In realtà, alcune ricerche hanno messo in luce che quando un acquisto viene effettuato in segreto, senza la possibilità di condividerlo né divulgarlo ad altri, se esistono delle alternative a prezzi uguali, spesso si tende a declinare proprio per scelte meno eco sostenibili. Questo sembra confermare quanto la pressione sociale possa condizionare le nostre scelte.
9. Il tracciamento da parte delle tecnologie
I modi più moderni di raccogliere i dati sono sempre più raffinati, occulti, non decifrabili agli occhi di noi profani. I consumatori diventano costantemente delle cavie delle ricerche di cui sono ben poco consapevoli. Anche se sembriamo sempre più tutelati e attenti alla privacy, in realtà sorgono costantemente nuovi modi di aggirarla e di raccogliere informazioni preziose per il marketing e la vendita.
Nel Web, nei Social, nei punti di vendita fisici, pressoché ovunque e con ogni mezzo le nostre abitudini di vita, lavoro, scelta, consumo, movimento sono suscettibili di essere monitorate,analizzate, indagate, conosciute e, al limite, in alcuni casi anche controllate, nonostante non ne siamo consapevoli.
10. La rilevazione del neuromarketing
In aggiunta a tutto questo le avanguardie del neuromarketing mettono a disposizione strumenti, strategie, tecniche, macchinari appositi per indagare e comprendere ciò che avviene nel nostro cervello nei processi decisionali, di informazione, scelta, acquisto, consumo, al fine di influenzarlo più o meno apertamente, pur nel rispetto di norme legislative ed etiche vigenti.
Essere consapevoli dei tenti modi in cui le nostre scelte di acquisto e consumo vengono più o meno sottilmente influenzati ci può aiutare ad agire e comportarci in modo più libero, responsabile, maturo e, almeno potenzialmente, benefico per la nostra salute, stile di vita e tutela del prossimo e del mondo, se solo lo vogliamo.