Perché scrivere bene non basta

Scrivere bene

Come rendere un copywriting persuasivo con la psicologia

di Anna Fata

Oggi un’ampia parte della comunicazione si verifica per iscritto. Quello che un tempo si trasmetteva a voce, di persona o telefonicamente, è stato sostituito da parole digitate sugli schermi. Smartphone, tablet, pc, notebook: cambia il supporto tecnologico, ma la sostanza resta la medesima, una parola digitata.

In questi casi le distorsioni, le incomprensioni, le mistificazioni, gli errori più o meno consapevoli sono all’ordine del giorno. La stessa sovrabbondanza di messaggi rende difficile intercettare quelli a cui dare ascolto, credito, fiducia. Farsi largo tra la folla di parole scritte che richiedono tempo, sforzo, attenzione, comprensione diventa sempre più arduo.

Scrivere bene, correttamente, secondo canoni grammaticali, stilistici, sintattici correnti non basta. Non basta farsi comprendere. Non basta essere utili, nuovi, freschi, accattivanti, ottimi intrattenitori. Non basta neppure avere ragione, convincere o persuadere. Occorre sempre di più indurre una materializzazione della parola, un passare al di là dello schermo, un fare scaturire dalla lettura un atto concreto, tangibile, misurabile. In breve, come si dice in gergo, occorre “convertire”, fare passare il lettore da quest’ultimo ruolo a quello di cliente, meglio ancora se affezionato e disposto a fungere da evangelista spontaneo, credibile del brand, prodotto o servizio di cui si sta facendo portavoce il testo in questione.

Come scrivere un copywriting capace di persuadere e convertire

Esistono numerose strategie e tecniche che possono rendere il proprio modo di scrivere più persuasivo, convincente, accattivante e capace di tradurre il pensiero, l’emozione in azione. Un buon copywriting è al tempo stesso un sapiente connubio tra arte e scienza, mente, emozione, ed azione, logica, razionalità e intuito e sentimento. Un buon copywriting, in ultima analisi, deve portare inesorabilmente alla vendita, ripetuta, fidelizzata e alla soddisfazione ed evangelizzazione del cliente, in modo che per cerchi concentrici, come una pietra lanciata in un laghetto, possa espandersi e portare con sé altrettanti nuovi, fedeli, clienti.

La psicologia è molto probabilmente tra i mezzi più versatili di cui possiamo disporre, anche nel marketing, nella comunicazione, nella vendita. Laddove esiste il fattore umano, la psicologia può offrire il suo valido contributo.

Tra i tanti suggerimenti che la psicologia può offrirci, anche grazie al suo approccio scientifico e alle numerose ricerche nel campo di cui può vantare, ne elenchiamo 13 particolarmente semplici da applicare e molto efficaci.

13 Strategie scientifiche di copywriting tratte dalla psicologia

1. Avvalersi della forma attiva

Scrivere in forma attiva, anziché passiva rende la lettura più scorrevole, la comprensione più agevole, intuitiva e il passaggio all’azione più fisiologico e immediato. Nella pratica, nella forma attiva, il soggetto compie l’azione. Nella forma passiva, invece, il soggetto subisce l’azione.

Dedicare tempo, attenzione, energia, sforzo per comprendere un messaggio ne indebolisce la carica persuasiva. Non si può essere persuasi da ciò che non si comprende appieno. Quello che appare parzialmente lacunoso, non del tutto chiaro, allontana, insospettisce e previene la persuasione.

Come se non bastasse, la mente con i suoi automatismi, più o meno corretti che siano, tende inoltre ad associare la comprensione alla verità. Ciò che si comprende viene considerato più vero di quello che non ci è del tutto chiaro e lampante.

2. Utilizzare le metafore

Le metafore sono figure retoriche in cui un termine viene sostituito da un altro, per trasferimento di significato, analogia, creando un forte potere evocativo. Si differenzia dalla vera e propria similitudine, che associa tra loro due termini simili, mentre la metafora è tanto più efficace quanto più i termini associati sono differenti e stridenti tra loro. Essa associa per lo più nomi o cose, al contrario dell’allegoria che abbina concetti o idee. In pratica, quello che si sostituisce è l’essenza stessa del nome. Il braccio di una lampada, la gamba di un tavolo, l’ondeggiare delle spighe sono alcuni esempi.

Il potere persuasivo delle metafore deriva dalla loro capacità di evocare delle immagini chiare, lampanti, manifeste, immediatamente evidenti nella mente. La memoria iconografica non solo è molto veloce, potente, nel suo imprimersi nel ricordo e nel successivo manifestarsi, ma si associa anche a numerose emozioni, che forniscono l’energia necessaria per il passaggio alla azione.

3. Impiegare termini concreti e specifici

Tutti noi viviamo in un mondo concreto, abitiamo un corpo tangibile, comprendiamo meglio quello di cui possiamo avere una esperienza diretta, immediata. Concetti vaghi, astratti, teorici non solo sono più difficili da cogliere, comprendere, ma anche da interpretare perché si prestano a letture soggettive anche molto differenti tra loro, a seconda delle persona, del contesto, delle circostanze, del momento di vita.

Ne possono risultare così messaggi confusi, ambigui, criptici, non univoci che in quanto tali non solo sono poco persuasivi, ma possono anche, eventualmente, stimolare l’azione su fronti diametralmente opposti gli uni dagli altri.

Avvalersi di terminologie ed espressioni concrete, semplici, tratte dalla vita quotidiana in cui ciascuno a suo modo è immerso, rende immediata e accessibile pressoché a chiunque la comprensione, aumenta il potere persuasivo e la immediata applicabilità.

Ad esempio, espressioni come “Con questo snasck avrai una forza da Dio” è troppo generica perché potrebbe fare riferimento a un numero assai ampio dei dei. Allo stesso modo può essere poco efficace l’esortazione: “Iscriviti alla nostra newsletter”, laddove non viene specificato quali benefici concreti essa può comportare.

4. Tradurre le percentuali in persone

Essendo i numeri dei concetti astratti, laddove non vengono declinati in oggetti ed entità concrete, i numeri sono difficili da visualizzare, comprendere, ricordare, per questo hanno scarso potere persuasivo.

Trasformarli in immagini, con grafici, torte, istogrammi ad esempio, può essere di aiuto. Ancora più utile e accessibile a tutti, però, è la declinazione dei numeri in persone. Ad esempio: anziché scrivere “90%”, si può sostituire con “9 persone su 10”.

5. Utilizzare le storie

Le informazioni oggi sono rinvenibili pressoché ovunque. L’attenzione che esse catalizzano, pertanto, la loro capacità di emergere le une rispetto alle altre si basa soprattutto sulle emozioni che sanno suscitare. Le emozioni passano attraverso l’identificazione, l’empatia e soprattutto l’umanizzazione. Questi aspetti transitano quasi obbligatoriamente attraverso le storie.

Fare leva solo sul fatto in sé e per sé alla lunga, annoia. Esso richiama la nuda e cruda realtà, fa appello solo agli aspetti cognitivi della comprensione, non coinvolge, non emoziona, non stimola una reazione globale.

La storia, invece, chiama ad una presa di posizione, alla compartecipazione, invita in prima persona a giocare il proprio ruolo, a spendersi, a trovare una collocazione anche nella realtà di tutti i giorni. Anche se la storia può fare riferimento solo in parte alla realtà, anche se è solo verosimile, ha quella giusta quota di astrazione e di concretezza al tempo stesso che è capace di suscitare una incarnazione individuale, un’emozione e una declinazione nella azione.

6. Parlare della singola persona

Altrettanto efficace al pari delle storie sono i racconti basati sulle singole persone rispetto a quelli fondati sui grandi numeri. Anche quando si discute sui benefici di un prodotto o servizio, quindi, fare riferimento a specifiche case history può essere preferibile rispetto allo sciorinare generiche folle o anche numeri di persone che hanno tratto vantaggi da essi.

Ancora una volta i singoli casi possono mostrare nel concreto, con dovizia di particolari, quello che si può fare con un prodotto o servizio, come ha contribuito a migliorare la vita e/o il lavoro di chi se ne è servito, e come può farlo in modo specifico anche per chi sta leggendo.

La concretezza stimola la creatività, la comprensione, l’applicabilità immediata.

7. Descrivere i pro e i contro di un prodotto o servizio

Ciò che è troppo perfetto insospettisce: troppo bello per essere vero. Inoltre, ognuno di noi ha le sue percezioni soggettive, le sue necessità, esigenze, desideri, aspettative, pertanto rispetto a quanto gli viene presentato può formulare delle resistenze, obiezioni, perplessità.

Conoscere il proprio target è fondamentale proprio per anticipare e comprendere queste resistenze e completare il proprio copywriting rispondendo e soddisfando tali esigenze.

Non esiste un prodotto o servizio che vada bene sempre, ovunque, comunque per tutti. Occorre individuare con minuzia e meticolosità coloro a cui può essere più più utile per poterlo indirizzare correttamente, valorizzando i pro e i contro di esso.

Rendendo esplicite luci ed ombre si contribuisce a fugare fin da principio ogni dubbio e perplessità, si può creare un rapporto di fiducia, si possono porre le basi per persuadere. Le persone che ci persuadono di più e potenzialmente ci inducono all’azione sono proprie quelle di cui ci fidiamo maggiormente, in genere nell’ordine: familiari, congiunti, amici, parenti, esperti, influencer.

8. Mostrare l’impatto del prodotto o servizio su altre persone

Mettere in luce come altre persone hanno potuto beneficiare del prodotto o servizio è forse una delle strategie capaci di persuadere maggiormente, perché unisce l’elemento di concretezza, di passaggio all’opera, di contestualizzazione nella vita quotidiana, di esemplificazione dell’utilizzo più funzionale e corretto, della diffusione tra le le persone, e se si tratta di persone famose, influenti, dell’aggiunta di un alone di prestigio nel suo possesso.

Quando i testimonial del prodotto o servizio sono molto simili al target a cui questi si rivolgono è più probabile che si attivi un meccanismo di empatia, identificazione, incarnazione diretta e desiderio di possesso e appartenenza. La sfida più consistente, quindi, consiste nel reperire testimonial che siano al tempo stesso rappresentativi del prodotto o servizio, dei suoi valori, del suo stile di vita, ma anche del target di riferimento. Solo così si può diventare persuasivi e fare scattare la molla del desiderio in azione.

9. Vendere benefici, non attributi

Spesso l’errore maggiore che soprattutto le aziende compiono quando formulano un copywriting che tenta di promuovere e vendere un prodotto o servizio consiste nell’elencare con dovizia di particolari le caratteristiche tecniche di esso. Ne risultano elenchi noiosissimi, lunghissimi, dettagliati di tutte le peculiarità possibili e immaginabili, magari anche con termini tecnici accessibili solo agli addetti ai lavori, o che comunque in linea generale fanno appello solo a istanze descrittive, logiche, razionali, incapaci di suscitare alcun tipo di emozione accattivante.

Alle persone, in realtà, il prodotto o servizio, e peggio ancora l’azienda, in sé e per sé interessa solo relativamente. Quello che interessa è la propria persona e quali benefici, vantaggi, utilità può sortire il prodotto o servizio che si trova di fronte.

Nello scrivere un buon copywriting, pertanto, occorre effettuare un cambio di prospettiva, dismettere i panni aziendali, e indossare quelli del target.

10. Delimitare uno spazio di tempo ristretto

Secondo la “Legge di Parkinson”, di  Cyril Northcote Parkinson, un lavoro si espande fino a riempire tutto il tempo disponibile al suo completamento. In pratica: più è il tempo, più il lavoro sembra importante e e impegnativo.

Di contro risulta vero anche il suo opposto: quando il tempo a disposizione è molto ristretto si tende a lavorare alacremente, con efficacia e tempestività a causa del timore delle conseguenze negative che potrebbero scaturire dalla consegna non effettuata nei tempi stabiliti.

Questo meccanismo pare che si possa applicare anche alle finanze: più sono i soldi disponibili, più le uscite aumentano fino a raggiungere la soglia della disponibilità. Ecco il perché dell’aumento dei bisogni, dei desideri, l’elevazione quasi automatica dello stile di vita con il lievitare del reddito disponibile.

Tale legge ha delle implicazioni importanti di conseguenza anche nel marketing e nelle vendite. Se non si pone un limite temporale ben definito e ristretto per una offerta, un bonus, un’occasione, l’acquisto rischia di essere rimandato a oltranza fino alla possibilità dell’oblio o quantomeno alla sostituzione di un altro bene.

Creare un senso del limite, una percezione di urgenza stimola ad agire in modo pronto, efficace, completo, al fine di portare a termine l’acquisto riducendo al minimo la probabilità di rimandarlo, lasciarlo a metà, delegarlo a qualcun altro.

11. Avvalersi di domande retoriche

Le domande retoriche sono quesiti che non comportano una vera e propria richiesta, ma implicano una risposta implicita nella domanda stessa. Esse sono finalizzate a stimolare la riflessione, l’analisi,  pur col suggerimento implicito di un punto di vista ben preciso rispetto al quale si è chiamati a concordare.

In generale l’obiettivo della retorica è proprio quello del persuadere e una domanda in tale frangente incarna ottimamente questo spirito. L’abilità del copywriter in questo caso consiste nell’apportare il maggiore numero di elementi a sostegno della testi contenuta nella domanda che in questo modo dovrebbe risultare ancora più persuasiva.

Oggi soprattutto nel contesto dei Social molti copywriter si avvalgono delle domande retoriche per stimolare il coinvolgimento, la partecipazione, il tentativo di convincere relativamente al proprio punto di vista.

Anche molti claim pubblicitari o titoli di articoli di grande richiamo, nel tempo, si sono avvalsi di domande retoriche, in parte contravvenendo alle regole stilistiche più classiche, ma che poi si sono rivelati efficacissimi per stimolare l’attenzione, la riflessione, l’analisi, il ricordo, la persuasione, e, nella migliore delle situazione, il passaggio all’acquisto.

12. Incorporare il nome del lettore

Secondo Dale Carnagie il nome di una persona è per lei il suono più dolce e importante in qualsiasi lingua. Avvalersene in modo fluido, naturale nelle comunicazione può rappresentare un valore aggiunto capace di catalizzare attenzione, empatia, risonanza, fiducia, ricordo, persuasione.

Uno dei segreti principali sta nell’avvalersene in modo coerente, sufficiente, non troppo parco, ma mai eccessivo, durante tutto l’incedere del copy. Questa modalità rappresenta un tentativo simbolico di prendere il lettore per mano e condurlo delicatamente fino alla fine, senza perderlo per strada, dedicandogli la medesima attenzione e cura lungo tutto il tragitto.

In questo modo può essere verosimile un progressivo processo di crescita della fiducia, della persuasione, del passo finale all’acquisto, magari anche ripetuto.

13. Perseguire la comprensibilità, non il virtuosismo fine a se stesso

Comunicare ha nella sua stessa essenza la comprensione. Implica il mettere in comune, condividere, fare in modo che gli altri siano partecipi. Se l’altro con comprende, si manca buona parte dei suoi obiettivi.

Comunicare è una forma di relazione, di rapporto, di contatto. E’ un modo di dare e di ricevere, di interazione non solo con l’altro, ma anche con il mezzo che si utilizza e del contesto in cui questo accade.

E’ impossibile non comunicare: una presenza, così come una assenza sono forme di comunicazione. Quello che può fare la differenza è la quota di intenzionalità, gli obiettivi, le finalità, la consapevolezza con cui si comunica. Su tali aspetti abbiamo un margine, a volte anche assai ampio, di decisione e di azione.

Comunicare correttamente, chiaramente, farsi capire è prima di tutto compito e responsabilità di codifica e invia il messaggio. Se l’altro non comprende correttamente e appieno il messaggio chi lo invia non può fare a meno di interrogarsi ed eventualmente rettificare e modulare diversamente il suo messaggio, a seconda di chi si trova di fronte.

Occorre sempre formulare i messaggi tenendo presente oltre al contesto, il mezzo, il contenuto, anche chi lo andrà a ricevere. Conoscere il target è essenziale quindi, utilizzare il suo linguaggio, creare un registro comune, permette di farsi percepire come parte del gruppo e conoscitore delle sue dinamiche ed eventuali problematiche.

Esprimersi chiaramente, farsi capire non significa necessariamente avvalersi di virtuosismi letterari, soprattutto se fini a se stessi, ma di perseguire la semplicità, la chiarezza, la trasparenza, l’immediatezza, la freschezza.

Anche se non esistono soluzioni valide per tutti, ovunque, in assoluto, in generale queste strategie psicologiche possono aiutare la propria comunicazione e il proprio copywriting al fine di rendere più persuasivo, affidabile, convincente i propri contenuti e fare in modo di trasformare i propri lettori in altrettanto fedeli acquirenti.

 

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