5 Strategie psicologiche per vendere di più con il tuo copywriting

vendere di più con il tuo copywriting

Come la psicologia può aiutarti a vendere di più

di Anna Fata

Quando ci si avvale del termine “copywriting” ancora oggi aleggiano molti luoghi comuni, dicerie, e, talvolta anche informazioni in parte errate.

Il copywriting ha una funzione fondamentale: scrivere per vendere. Può sembrare una definizione troppo diretta, cruda, ma è la realtà. Ci si perde dietro etichette come i contenuti nuovi, utili, interessanti, in target, ma tutto questo, sicuramente essenziale, non serve a granché se poi non porta il lettore a diventare cliente, a fidelizzarlo nel tempo, ad acquistare, riacquistare e recensire positivamente il nostro brand, i nostri prodotti e servizi ai suoi contatti, diretti e indiretti.

Il copywriting è l’unione sapiente e calibrata di arte e scienza, in quest’ultimo senso le ricerche psicologiche sulla persuasione, la comunicazione, il marketing, la vendita, la personalità possono offrire degli spunti operativi molto efficaci per facilitarci il lavoro.

In un buon testo di copywriting dovrebbe essere un magistrale equilibrio tra informazioni utili, aggiornate, preparate direttamente per il pubblico di riferimento, espresse nel modo, nei tempi, nel contesto più appropriato.

La componente legata alla vendita non dovrebbe essere troppo diretta, pressante, totalitaria, ma più o meno diretta a seconda della preparazione del target e in ogni caso chiaro, trasparente. Non dovrebbe prevaricare il senso di libertà che ciascuno vuole mantenere, perché a nessuno di noi piace sentirsi pressato, ma dovrebbe essere sufficientemente chiara e precisa, perché sotto sotto ci piace essere indirizzati su quello che è bene fare, dove, come, quando, in che modo.

Vediamo ora come la psicologia ci può offrire degli strumenti per svolgere al meglio la nostra attività persuasiva e di vendita.

Come la psicologia può aiutare a vendere di più con il tuo copywriting

Walter D. Scott della Northwestern University ha scoperto che già oltre 120 anni fa si era capita l’importanza di inserire elementi di psicologia nei contenuti commerciali, al punto da arrivare ad affermare che lo scrittore di comunicazioni pubblicitarie è anche in realtà uno psicologo. La natura umana rappresenta un fattore di grande rilievo in un annuncio pubblicitario di successo. Se si scrive senza questi tipi di riferimenti si rischia di finire col fare i conti senza l’oste.

Leggere  nella mente del cliente, potenziale o acquisito, e incorporare tali elementi nel testo permette di fare riferimento a principi, valori, necessità, motivazioni, desideri, ambizioni, aspettative, paure, gioie, dolori che sono in grado di condizionare fortemente i comportamenti, compresi quelli di acquisto.

Molte aziende oggi lo hanno compreso. Ad esempio Apple con i suoi prodotti fa molto leva su elementi quali l’esclusività, lo status, l’intelligenza, l’appartenenza ad una élite.

La psicologia può contribuire ad abbattere muri e resistenze che la maggior parte di noi nutre a priori verso chi sente che vuole vendere qualcosa. Nello specifico la psicologia può facilitare il lavoro in questi modi:

  • aiuta a convincere le persone a comprare di più, oppure ripetutamente
  • permette di conquistare la fiducia e il rispetto della propria audience
  • abbatte i muri tra noi e i nuovi acquirenti
  • mantiene i clienti interessati a quello che abbiamo da raccontare
  • fornisce strumenti concreti validi per incoraggiare e sostenere gli acquisti.

5 Strategie psicologiche per vendere di più con il tuo copywriting

Tra le numerose strategie e gli strumenti di cui la psicologia dispone per rendere più persuasivo il copywriting ai fini della vendita se ne possono segnalare alcuni in modo particolare:

1. La reciprocità

Quando qualcuno si mostra gentile, generoso, interessato, disponibile verso di noi è quasi inevitabile fare altrettanto e ricambiare il favore, l’apertura, la disponibilità.

Esiste una sorta di debito più o meno inconscio che ci porta a restituire quanto abbiamo a priori spontaneamente ottenuto.

Questo accade tipicamente con i campioni omaggio, con i piccoli assaggi nei supermercati, con i cioccolatini che possono accompagnare la consegna del caffè o del conto al ristorante.

Una ricerca pubblicata su Journal of Applied anche Social Psychology, ad esempio, ha evidenziato che quando i camerieri portavano insieme al conto del ristorante anche un dono inatteso come delle caramelle o un pezzetto di un dolce la possibilità di ottenere una mancia si elevava del 23%.

Inoltre, se il cameriere tornava al tavolo per verificare se i commensali volessero ancora qualcosa dopo il dolce, vi era un ordine aggiuntivo con il quale il conto finale si elevava mediamente di 3,40 dollari.

Ottenere un dono positivo non solo crea un sottile senso di debito e di reciprocità, ma anche un complessivo stato d’animo positivo. Se poi la persona che effettua tale dono o gentilezza torna queste emozioni positive pare che si potenzino ulteriormente.

Per sfruttare al meglio queste dinamiche psicologiche nel proprio copywriting si possono escogitare soluzioni originali e inattese per sorprendere, donare, gratificare, omaggiare il lettore e suscitare una complessiva reazione positiva. Reiterare il gesto può accentuare e consolidare il senso di benessere e di reciprocità.

Casi di studio, e-book, riviste cartacee, primo capitolo di un libro, un mese di prova gratuita di un servizio, uno sconto sul successivo acquisto, ad esempio, possono essere dei doni appetibili e capaci di incoraggiare la reciprocità, la curiosità, l’affezione. Tutte queste opportunità, però, non dovrebbero essere presentate come strumenti di vendita, ma come opportunità funzionali a fare stare meglio la persona a cui le rivolgiamo, in virtù del nostro spirito di dedizione e generosità.

2. Il cambiamento degli atteggiamenti

Il cambiamento degli atteggiamenti e dei comportamenti è uno degli obiettivi principali della comunicazione persuasiva. Tra i numerosi modelli adottati a tale proposito vi è anche quello del cambiamento di atteggiamento di Yal, che rappresenta lo studio delle condizioni nelle quali le persone è più probabile che cambino i loro atteggiamenti in risposta ai messaggi persuasivi.

Questo modello trae il suo nome dalla Yale University dove è stato realizzato, grazie alle ricerche di Carl Hovland e Colleghi. Alla base del modello sussiste l’assunto del “chi ha detto cosa a chi”, che si esplica nella fonte della comunicazione, la sua natura e la natura del pubblico.

Il potere di cambiare l’atteggiamento di chi ascolta da parte di un messaggio si basa sulla credibilità e la capacità attrattiva della fonte, la qualità e la sincerità del messaggio, cioè la sua natura, l’attenzione, l’intelligenza, l’età dell’audience, cioè la sua natura.

In questo processo intervengono fattori indipendenti quali la fonte, il messaggio, il mezzo, l’audience, che interagiscono su quelli dipendenti, quali l’impatto persuasivo.

Questi meccanismi legati alla persuasione hanno delle ricadute nel campo della comunicazione pubblicitaria, del marketing, delle vendite.

Quando si presenta un prodotto, servizio, o brand, ad esempio, il potere persuasivo dei messaggi ad essi relativo è direttamente proporzionale alla esperienza diretta col prodotto, servizio, brand, alla credibilità, affidabilità, autorevolezza della fonte – da qui il grande valore dei testimonial, oppure dei tecnici, degli scienziati, dei ricercatori, degli esperti – che si basa non solo sulle sue competenze, professionalità, conoscenze, ma anche sull’aspetto fisico, il modo in cui si presentano, si muovono, si esprimono, la loro gradevolezza complessiva, alle testimonianze di chi ne è venuto in contatto e li ha potuti sperimentare.

In ogni caso, quando si scrive un contenuto con intenti persuasivi andrebbe preso in considerazione l’intero contesto sociale in cui questo si codifica, si trasmette, si riceve, perché in esso numerosissime variabili intervengono per poter poter potenziare o ridurre il suo impatto.

Tutto quello che viene trasmesso dovrebbe essere inserito in una cornice di coerenza e rappresentatività. Ad esempio, i testimonial dovrebbero veramente incarnare i valori che il brand veicola in modo da rendere in modo immediatamente evidente e metaforico l’associazione.

3. Volgere il negativo in positivo

Gli insuccessi non fanno piacere a nessuno. Ammetterli, riconoscerli, assumersene la responsabilità è un atto di grande coraggio che può sortire delle ricadute positive.

Secondo Fiona Lee e Colleghi condividere anche fallimenti, errori, insuccessi nel proprio copywriting può offrire ad esso grande potere persuasivo. Osservando 14 aziende nell’arco di 21 anni si è rilevato che quelle che hanno riconosciuto pubblicamente le loro falle e la responsabilità insita in esse mantenevano dei prezzi mediamente più alti.

La percezione di chi osserva tali aziende pare che possa trasmettere maggiore responsabilità, correttezza, onestà, trasparenza, controllo dei propri affari e, nel complesso, una immagine più positiva rispetto alle aziende che attribuivano la colpa dei loro disagi a fattori esterni.

Nel caso in cui sia direttamente un professionista a riconoscere apertamente i propri fallimenti egli ne guadagna in umanità, fiducia, gradevolezza, riconoscibilità, capacità di convincere. Inoltre, oltre che una fonte di apprendimento e insegnamento per se stesso, grazie alla sua esperienza, lo può diventare anche per gli altri e può aiutare ad ottenere maggiore controllo sulle proprie imprese.

Nel copywriting raccontare i propri fallimenti, volgere il negativo in positivo conferisce umanità ai propri messaggi, ai prodotti, servizi, e al brand e stimola maggiormente l’empatia, l’umanizzazione, l’identificazione, l’adesione ai principi, valori, stili di vita che essi veicolano.

Raccontare case history di prodotti che non hanno incontrato il successo del pubblico, rilevare in particolare cosa è andato storto, avvalersi dei principi di storytelling per enucleare i propri fallimenti personali e sottolineare quello che si è appreso e come ha influito costruttivamente sui successi seguenti possono essere valide strategie capaci di dare un volto umano al brand, ai servizi e prodotti, possono contribuire a infrangere il muro di resistenza, diffidenza, reticenza, distanza tra noi e il consumatore e spingerlo a varcare la porta del nostro mondo.

4. Il potere della novità e del nuovo

Il nuovo piace e attira, a prescindere da tutto. Questa assunzione vanta dei veri e propri fondamenti neuroscientifici. Secondo Emrah Duzel ci piace ciò che è nuovo, adoriamo le novità perché esse scatenano nel nostro cervello vere e proprie tempeste di neurotrasmettitori del piacere, della gratificazione, della motivazione  tra cui la dopamina e la serotonina.

Quando osserviamo qualcosa di nuovo si attivano i circuiti della gratificazione. Per questo siamo motivati costantemente a ricercare nuovi stimoli. Quando uno stimolo diventa familiare, desueto, perde questo potenziale. Ecco perché ci sono aziende come ad esempio Apple o Toyota che creano nuove versioni dei loro prodotti con regolarità.

Tali aziende fanno leva non tanto sulla necessità di avere un nuovo dispositivo o una nuova auto, ma si avvalgono dell’idea che acquistare e possedere qualcosa di nuovo ci rende soddisfatti, gratificati, felici.

Quando si presenta una versione rinnovata di un prodotto o servizio quello che conta principalmente è l’esperienza di essa.

Anche il copywriting in questo non fa eccezione: offrire sempre nuovi, inconsueti, inusuali stimoli, aggiornare i contenuti che hanno avuto più successo, letture, condivisioni, rinfrescare la grafica dei propri template, può rendere i propri messaggi più accattivanti, capaci di suscitare attenzione, interesse, adesione, persuasione e potere di vendita.

5. Vendere il tempo, non il risparmio

Oggi vendere sulla base di un prezzo basso è una delle imprese più ardue da realizzare, perché sul mercato esistono infinite alternative in tal senso ed emergere, distinguersi, farsi scegliere diviene sempre più difficile.

C’è, però, un altro bene forse anche più prezioso dei soldi che si potrebbero risparmiare: il tempo.

Secondo Jennifer Aaker oggi sembra che vada molto di moda il marketing legato a stimolare la memoria del passato. Esso sembra in grado di creare dei legami favorevoli per i consumatori tra le loro esperienze, gli atteggiamenti e i comportamenti d’acquisto, la cui probabilità aumenta esponenzialmente. Rievocare il passato positivo, infatti, sembra che possa rendere felici.

Il valore che ciascuno di noi attribuisce al tempo sembra che tendenzialmente sia assai maggiore rispetto a quello che diamo al denaro. Il tempo, infatti, è un bene inalienabile, insostituibile e non risarcibile in alcun modo. Il tempo è personale, una volta passato non torna più. Non si negozia, non si compra, non si vende, non si baratta. Il tempo ha una quantità limitata per ciascuno di noi, non solo nell’arco di una giornata, ma anche nell’intera esistenza, che nessuno sa quando terminerà.

In una ricerca di Aaker e Colleghi su oltre 300 pubblicità su diverse riviste americane (Money, New Yorker, Cosmopolitan, Rolling Stone) circa la metà è risultata correlata al fattore temporale. Per ottenere una eventuale ulteriore conferma dell’importanza del tempo nelle pubblicità con i suoi collaboratori hanno effettuato il seguente esperimento.

Hanno creato un piccolo stand per la vendita della limonata gestito da bambini di 6 anni con tre cartelli diversi:

“Goditi la limonata C&D”

“Spendi un po’ di soldi e goditi la limonata C&D”

“Spendi un po’ di tempo e goditi la limonata C&D”.

Dai risultati è emerso che il cartello in cui si faceva riferimento al tempo è stato in grado di attirare due volte più clienti che alla fine hanno pagato due volte tanto per la limonata.

In realtà, nel marketing menzionare l’elemento temporale non è una novità, ma si effettua da tanti anni.

Nel copywriting può essere utile citare il valore del tempo per sollecitare le vendite soprattutto avvalendosi degli strumenti dello storytelling e narrando dei modi in cui il brand, i prodotti e i servizi possono creare una esperienza memorabile e coinvolgente. Avvalersi delle immagini, foto, video, per creare un quadro completo, tangibile nella mente del consumatore può facilitare l’emersione di emozioni, vissuti e sentimenti capaci di fornire energia per poi passare all’azione, cioè l’acquisto.

Vendere con il copywriting

Non esistono soluzioni miracolose pronte all’uso sempre, ovunque, comunque per un copywriting realmente capace di persuadere e stimolare all’acquisto e alla fidelizzazione.

Ogni campagna comunicativa va creata ad hoc, testata, misurata nei suoi risultati, eventualmente modificata e ri-testata. Ciò che funzionava in passato può non valere più in seguito, o ciò che si è rivelato efficace in un contesto può non esserlo in un altro.

Gli strumenti scientifici, ad esempio delle ricerche psicologiche come quelle sopra esposte, possono aiutarci e rendere più semplice il lavoro. Del resto il copywriting rappresenta la sapiente combinazione di arte e scienza.

Sperimentare sul campo, avvalersi di strumenti validati di misurazione, sapere interpretare i risultati e soprattutto i numeri in modo corretto sono essenziali per creare campagne di comunicazione e copywriting che possono portare al successo i nostri brand.

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